Nel paese delle donne by Gioconda Belli

Nel paese delle donne by Gioconda Belli

autore:Gioconda Belli [BELLI, GIOCONDA]
La lingua: ita
Format: epub, mobi
editore: Feltrinelli Editore
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


L’OMBRELLO

Non c’è un ombrello solo, sullo scaffale, ce ne sono molti. Vedendoli tutti ammucchiati Viviana sorride incredula. Sapevo di averne persi parecchi, riflette, ma questo supera la mia immaginazione. Nella collezione di oggetti smarriti, occhiali da sole e ombrelli la fanno da padroni. Sono il simbolo delle due stagioni di Faguas, dove per sei mesi piove e per gli altri sei un sole implacabile si accanisce sulla terra facendola rinsecchire, trasformando il paesaggio in un deserto popolato da alberi bruciati e prati gialli e agonizzanti. Emir le ha regalato più di un impermeabile, ma lei non si è mai abituata agli indumenti per la pioggia. Preferisce il semplice e comodo ombrello. Purtroppo, però, li perde. Li dimentica nel preciso istante in cui il sole fa capolino tra le nuvole. Succede sempre a Faguas: il cielo si oscura, si alza un vento di tempesta, le nubi nere puntano i loro cannoni e l’acquazzone crolla come un edificio d’acqua sulla città. Il diluvio tuttavia non dura a lungo e appena smette di piovere, con i suoi raggi il sole ripulisce gli ultimi sprazzi di cielo imbronciato e riconsegna al pomeriggio la sua consueta esistenza serena e celeste. Il crepuscolo limpido e fresco basta a Viviana per dimenticare l’ombrello dietro la porta, sul pavimento, o in qualunque altro posto lo abbia appoggiato poco prima a riposare dalle sferzate dell’acquazzone.

Ne prende uno. Si siede sul pavimento. Lo apre. È verde oliva. Accarezza con le dita il nylon teso. Pioveva il giorno in cui decise di rimuovere tutti gli uomini dagli incarichi statali. Fruga nella memoria, ed ecco lo scroscio dell’acquazzone e la luce dei lampi che illumina la finestra dello strano ufficio presidenziale ereditato dai suoi predecessori.

Ed eccola là, Viviana, dietro la scrivania, in un momento di rara tranquillità. Era notte fonda. Aveva già congedato Juana de Arco. Nell’edificio erano rimaste solo le sue guardie del corpo. La aspettavano fuori. Ormai da due mesi era in carica, ma non riusciva a fare progressi. Aveva cercato di includere nel governo le persone più in gamba, fossero uomini o donne, ma su di loro incombeva una realtà sedimentata da secoli. Nonostante il calo di testosterone, anche se erano stanchi e depressi, ormai flaccidi e panzoni, gli uomini continuavano a soffocare l’iniziativa femminile. Non che lo facessero di proposito, però alle riunioni i loro commenti piombavano sempre come secchiate d’acqua fredda: “Voi non sapete niente di queste cose, non avete esperienza”. L’effetto si poteva vedere nell’espressione delle magnifiche donne che stavano cominciando a imparare il valore del loro potere: gli uomini le mettevano in soggezione, le facevano chiudere come anemoni spaventati.

Persino durante la campagna, l’intervento di Emir, che con il suo tocco da re Mida aveva fatto arrivare i fondi, causò dei problemi, non all’interno del PIE bensì tra le sostenitrici, che accusarono Viviana di usare un uomo, il suo uomo, per farsi finanziare la campagna. Non ci avrebbero dato un centesimo se non fossi stata convincente; il merito è mio, lui mi ha solo fornito dei contatti, ribatteva lei.



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